Tutti i genitori, i nonni e le insegnanti della materna ne fanno quotidianamente esperienza: il pensiero magico è un pensiero speciale, che si sviluppa dai 2 e rimane presente e vitale fino ai 7-8 anni di età e che rende i bambini capaci di trasformare la realtà, di nominarla in un altro modo. Un bambino può cucinare inverosimili piatti usando foglie, legnetti e sassi; parla con gli oggetti; cura un taglietto con un bacino; scaccia la paura del buio con una parola; va a dormire con un dinosauro che lo difenderà dai mostri o gioca alla mamma cullando un bambolotto.
In poche parole: il pensiero magico è l’espediente cognitivo eccezionale che i bambini hanno a disposizione per riuscire a vivere in un mondo troppo diverso, troppo grande, troppo incomprensibile per loro. Tutti i bambini sentono la frustrazione e l’impotenza del loro essere piccoli in un mondo che non è a loro misura. Un bambino di 3 anni può ripetere come un mantra la parola: «Sono grande!» ogni volta che ha bisogno di darsi coraggio e affrontare la fatica di trovarsi “nanetto” in un mondo di giganti. E che il pensiero magico sia una risorsa potentissima lo dimostra il fatto che, nonostante l’invadenza del digitale e quella dei genitori di oggi, troppo impegnati nel disintegrare la magia con le loro spiegazioni razionali, il pensiero dei bambini continua a essere caratterizzato da componenti magiche.
Un esempio? Le fantasiose bugie dei bambini, non bugie vere e proprie come le intendiamo noi adulti ma espressione del pensiero magico in azione. Un bambino può tessere la storia più bislacca del mondo per evitare un cibo poco gradito o per non andare a una festa in casa in un pomeriggio di sole. E anche il famigerato «No!», tormento dei genitori di tutto il mondo, non è altro che un tentativo ingegnoso di ridurre la presenza degli adulti che continuano imperterriti a comandare sui più piccoli.
Un'esperienza fantastica-immaginativa
Molti genitori si chiedono però come comportarsi di fronte ai racconti improbabili di un bambino o alla sua pretesa di coinvolgere il genitore nei suoi giochi magici. Assecondarlo oppure no? Il primo consiglio consiste nel non sgridarlo o, peggio, punirlo perché ha detto “una bugia”. Al contrario, è importante che i genitori imparino ad assumere la loro prospettiva magica e che, nei limiti del possibile, siano disposti a giocare sul piano immaginario e fantastico dei figli. Perché nel pensiero magico il bambino è attivo, è il costruttore della sua storia ed è per questo che non va sminuito o contrastato, altrimenti rischiamo di deprivare l’esperienza fantastica-immaginativa che i grandi esperti dell’infanzia hanno sempre saputo tenere viva.Articolo di Daniele Novara pubblicato da Nostrofiglio.it